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mercoledì 9 dicembre 2009

REX MAXON - TARZAN e dinosauri



(Questo articolo è stato pubblicato anche su "Giungla in fiamme" albi di Tarzan amatoriali)Se Rex Maxon avesse lavorato nel cinema invece che nel fumetto, per ricordare la sua opera dovremmo utilizzare parole come "onesto artigiano" o simili.
Forse questo termine vale anche nel nostro campo ad indicare un'opera che si è protratta per tanti anni, e prestata al servizio di personaggi famosissimi, senza mai eccellere o raggiungere risultati eccezionali, ma capace tuttavia di far andare avanti la pubblicazione e di tenere bene o male avvinto il lettore.
Ma è davvero cosi? No, perché a Maxon si devono riconoscere, oltre ai difetti, anche alcuni pregi e caratteristiche peculiari che sono solo sue.
Ma poiché egli è ricordato principalmente per il suo lavoro decennale prestato al personaggio Tarzan, allora dobbiamo dire subito che Burroughs, l'autore, non era in linea generale contento di lui: questo almeno è quello che balza agli occhi nel leggere una storiografia dettagliata dei rapporti dei vari disegnatori con le case editrici e con l'autore del personaggio, che soli detenevano i diritti sull'uomo scimmia.
Edgar Rice Burroughs, più volte si lamentò della scelta di far disegnare le strisce a Maxon, che secondo lui era inadeguato, ma se questo è vero, dobbiamo anche riconoscere che alcune volte apprezzò la resa che lui era in grado di dare, dei personaggi femminili.
Ne abbiamo avuto la prova con la pubblicazione in questi ultimi anni del Tarzan di Maxon: laddove la faccia dell'uomo scimmia è molte volte inespressiva e mille miglia lontana dalla caratterizzazione che gli è stata data da autori del calibro di Hogarth e Manning, pure nei personaggi femminili di Rex, troviamo che le curve sono al posto giusto ed i volti di Jane e delle altre sono capaci di illustrare al meglio i sentimenti che l'autore vorrebbe che avessero; ragazze appetibili quindi, almeno per un maschio, non troppo appariscenti, ma fornite di una certa grazia che rende oltremodo piacevole lo scorrere delle didascalie poste sotto le vignette e non ci fa render conto che a volte il soggetto è davvero banale.
Rez Hayden Maxon, nacque nel 1892 a Lincoln nel Nebraska, passò parte della sua fanciullezza dipingendo i battelli a vapore che percorrevano il Mississippi: contrariato dai genitori riuscì lo stesso a studiare alla Louis School of Fine Arts.
Il suo primo lavoro fu di disegnare scarpe a tre dollari la settimana, ma capì presto che avrebbe dovuto spostarsi, ispirato in questo dalla sua collega e futura moglie Hazel Carter; si trasferì infine sulla costa est ed ebbe per un certo periodo una magra esistenza con lavori mal pagati, dividendo lo studio con un collega.
Per un certo periodo usò anche modelli reali per acquisire capacità nel disegnare l’anatomia umana e grazie a questa bravura il suo lavoro attirò l’attenzione di Joseph Neebe del Metropolitan National Syndicate che gli affidò la striscia giornaliera di Tarzan iniziata a suo tempo da Harold Foster.
Maxon non scriveva i testi delle storie: egli ha adattato per i fumetti una mole considerevole dei romanzi originali di Burroughs ma non ne scriveva le didascalie che erano appannaggio di certi George Carlin e poi Don Garden. Solo durante l'ultima guerra mondiale Rex scrisse anche i soggetti, ma per breve tempo, infatti lasciò la serie nel 1947 dopo averci lavorato per ben 18 anni.
I limiti di Maxon erano particolarmente evidenti nelle tavole domenicali, a causa del formato più grande e dell’abbellimento del colore. Egli era anche inadeguato a disegnare gli animali. Per le sue insufficienze, e forse anche per contentare Burroughs, a Maxon dopo breve tempo fu tolta la produzione delle tavole domenicali, a cui egli non tornò mai, (fu consegnata nelle ben più capaci mani di Harold Foster) ma riuscì a conservare le strisce giornaliere che andarono avanti bene o male per tanti anni, come già detto.
Durante questo tempo il tratto di Maxon ebbe modo di affinarsi: Era già capace di disegnare bene i personaggi femminili, ma anche la sua resa dell’uomo scimmia, oltremodo rozza all’inizio, poté migliorare: Tarzan era stato disegnato coi capelli corti e vestiva una pelle di leopardo: con la trasposizione del romanzo “Tarzan l’indomito” ecco che man mano i capelli del re della giungla si allungano e il vestito si accorcia, fino a diventare un perizoma che gli copre solo i fianchi .
Che il tratto di Maxon fosse migliorato molto negli anni se ne ebbe la prova nel 1936–37. In quel periodo infatti il disegnatore aveva lasciato la produzione delle strisce. In molti testi viene affermato che fu per un problema di paga ma questa, è stato appurato, è solo una diceria diffusa dallo stesso Maxon: in realtà si cercò di sostituirlo con un allievo di Harold Foster perché si aveva la speranza che quest’ultimo supervisionasse l’esecuzione del lavoro.

La scelta cadde infine su William Juhre ma non c’è stata evidenza che Foster abbia mai davvero rielaborato il lavoro eseguito. Dopo una partenza promettente però, l’operato di Juhre deteriorò enormemente: egli era molto probabilmente un disegnatore migliore di Maxon, ma non sentiva il personaggio, commetteva molti errori nella composizione delle vignette e indulgeva troppo in primi piani che nuocevano alla scorrevolezza della striscia; alla fine la risposta dei lettori non fu favorevole al cambio e, a furor di popolo Maxon fu richiamato…
La carriera di Rex non si esaurì con il personaggio dell’uomo scimmia. Egli lasciò Tarzan nel 1947 e dopo lavorò come indipendente disegnando principalmente storie western: la cosa andò avanti per alcuni anni finché nel 1954 fece da assistente all’editore Matt Murphy nella creazione del personaggio “Turok son of stone “ per la Dell.
Maxon inoltre ne disegnò il primo numero ed è quindi responsabile della caratterizzazione di un personaggio che percorrerà molta strada. Nel corso degli anni molti sono i disegnatori che si occuparono di quest’eroe pellerossa che è rimasto intrappolato con l'amico Andar in una valle perduta popolata da mostri preistorici.
Ma nel 1962 Alberto Giolitti assunse la conduzione delle storie. Il nostro Maxon collaborò con lui (è particolarmente evidente nel numero del settembre-novembre 1962) e produsse anche una striscia educativa sugli animali preistorici, intitolata "Young earth".
Saltuariamente il suo lavoro continuò ad apparire su Turok, per quanto non è dato sapere se si trattasse di materiale che lui aveva già prodotto negli anni passati, o se fossero nuovi disegni.
Nel 1969 si trasferì a Londra dove eseguì molti quadri e ritratti. Tornò infine di nuovo in America, nel 1973. Allora, quali sono i meriti di Maxon? Dobbiamo per forza davvero ricordarlo come uno dei tanti anonimi artigiani che hanno popolato il mondo dei comics facendo bene o male sopravvivere i personaggi loro affidati nell’attesa di qualche maestro sempre più raro?Io non direi così e basta il lavoro decennale su Tarzan a dimostrarlo: se il suo operato fosse stato davvero mediocre, sarebbe stato sollevato dall’incarico molto prima.

Ma c’è anche una particolarità che è ascrivibile al disegnatore e solo a lui: MAXON E’ L’INIZIATORE DEL PARTICOLARE SOTTOGENERE CHE VA SOTTO IL NOME DI “DINOSAUR COMICS”.
In sintesi il merito del disegnatore, rilevato dal saggista Steve Bissette, è di “non aver ceduto alla tentazione di antropoformizzare le espressioni delle creature preistoriche“
Dobbiamo ricordare che già nel 1931 Maxon aveva disegnato animali preistorici nel suo adattamento del romanzo “Tarzan al centro della terra”, ma aveva fornito dei risultati risibili: Burroughs in particolare si era lamentato di lui per la sua quantomeno ridicola rappresentazione di uno stegosauro.
Ma nel numero 8 di “Turok son of stone” possiamo osservare una composizione del tutto diversa: a fianco della storia di Turok veniva, infatti, pubblicata come già ricordato la striscia parallela, composta di quattro pagine “Young Earth”, in questa sede, nel n. 8 appunto, fu presentata la storia, disegnata da Maxon, dal titolo “Danger at the nest” che narra di una madre Pteranodonte che difende il suo nido da un altro animale preistorico.
Ebbene, in questa piccola storia, il cui testo è dovuto ad un autore non identificato, forse Paul S. Newman, nasce qualcosa: non si tratta qui di semplice illustrazione di un testo didascalico, ma di una narrazione completa, con la perfetta fusione di un testo chiaro ed illustrazioni che ci presentano gli animali che provano delle sensazioni, come bestie appunto, ma mai cercando di umanizzarli; c’è anche l’elegante uso di balloons che ci presentano solo due parole ed indicano i versi che la madre emette per attirare lontano dal nido il predatore.
Tutto questo dà realtà ed immediatezza alla scena e stabilisce il canone con cui i disegnatori di storie di dinosauri successivi, dovranno confrontarsi.
Per la prima volta, infatti, si poterono vedere animali preistorici capaci di emozioni come furbizia, speranza o avidità, ma resi sempre e in ogni modo come animali, senza cioè l’espressività che è tipica dell’uomo e in una piccola misura in alcuni mammiferi.
Un bel risultato per un autore che ha dato tanto al mondo dei comics senza eccessive pretese, e che però, forse ingiustamente, è caduto nel dimenticatoio ed è ricordato oggi solo da un piccolo numero di appassionati

Fabrizio Frosali










martedì 8 dicembre 2009

JOHNNY COMET by FRANK FRAZETTA


on una brusca sterzata P. evitò di essere sorpassato dalla Miller condotta da Earl Cooper. Era ormai il 50° giro del faimoso ovale di Indianapolis e P. che era andato subito in testa all'inizio della gara, adesso, dopo 160 km. di corsa, non ce la faceva più.
Il rischio di collisione con le altre vetture era molto alto e le mani di P. si erano piagate e ricoperte di vesciche a causa delle vibrazioni dell'albero di guida che amplificava le asperità della superficie stradale.
La “Banana Wagon” nome esotico affibbiato alla Duesemberg di P. a causa della sua forma, dovette dirigersi verso i box per rientrare poi in pista guidata dalla riserva di P. Norman Batten.
Ormai la Duesemberg di P. si trovava in terza posizione dietro a Earl Cooper su una Miller e al debuttante Ralph Hepburn. Costui dopo 8 giri sì ritirò e Cooper si trovò a guidare la corsa ma gli rimanevano ancora 320 Km e poco dopo, lo scoppio di una gomma lo fece scontrare col muretto di cinta mettendogli fuori uso la vettura. Prese allora il comando Dove Lewis con la sua nuova Miller a trazione anteriore, la macchina più bassa e moderna, e fu a questo punto che P. richiamò Batten e risalito sulla Duesemberg, cominciò a ridurre il distacco che lo separava da Lewis.
Nelle prossime 25 miglia si sarebbe deciso l'esito della gara. In quei dieci giri lo svantaggio di P. diminuì da 43 a 17 secondi e fu allora che ai box decisero la sostituzione delle gomme di Lewis che ancora conduceva. In questo modo P. tagliò per primo il traguardo con 54 secondi di vantaggio!
Per sommi capi quanto avete letto finora è la cronaca veritiera della famosa 500 miglia di Indianapolis che si disputò il 30 maggio del 1925. La P. che ho usato per designare il pilota che vinse la corsa sta per Peter de Paolo il cui nome figura accanto a quello, molto più celebre per un appassionato di fumetti, di Frank Frazetta quale coautore di una delle più celebri strips basate sul mondo dell'automobilismo: Johnny Comet.
Per un certo periodo si credette che Peter de Paolo fosse l'autore dei testi disegnati da Frazetta, ma secondo Al Williamson e molti altri il nome di De Paolo fu usato solo come richiamo per i lettori in quanto aveva vinto la corsa di Indianapolis del 1925, ma il vero autore sembra sia stato un certo Earl Baldwin.

11 1952, l'anno in cui la strip vide la luce fu un anno chiave per la carriera di Frazetta. 1 suoi personaggi di quel periodo sono disegnati con più consistenza e acquistano drammati¬cità specialmente nei movimenti.
Nei primi mesi di quell'anno Frank Frazetta creò Thun'Da King of the Congo e questo fumetto gli fece acquisire una certa reputazione nel campo dell'eroic fantasy. Johnng Comet però è una striscia del tutto differente.
Nonostante il nome, che farebbe pensare ad un personaggio da fantascienza, tratta di corse automobilistiche e fu lanciata in un periodo in cui parecchie striscie sindacate presentavano eroi che si muovevano nel mondo dello sport: i principali erano Joe Palooka, un campione della boxe e Ozark Ike che trattava di Baseball.
Malgrado il momento favorevole e la bravura dei talenti implicati, Johnny Comet non divenne molto popolare ed in effetti non durò molto: solo 372 giorni. Agli inizi le strisce settimanali e le tavole domenicali presentavano due storie avventurose diverse, ma dall'agosto 1952 la striscia conti¬nuò a presentare storie di azione mentre nella tavola domenicale venivano mostrate situazioni per lo più umoristiche che coinvolgevano i principali personaggi.
Nel novembre del 1952 inoltre il nome della striscia fu cambiato da Johnny Comet a Ace Me Coy per l'intervento di un produttore cinematografico che sperava di ottenere una option per un film e pensava che il nuovo nome offrisse maggiori chances.
Oltre a ciò il nome di De Paolo fu sostituito con quello di Earl Baldwin. il vero autore dei testi. Malgrado questi espedienti la striscia non andò avanti per molto ed ebbe fine 1131 gennaio 1953 lasciando a mezzo la storia in corso. E' un peccato che non sia durata di più, perché proprio nelle Ultime tavole il lavoro di Frazetta si era raffinato ulteriormente.
E' ammirevole il contrasto che si può osservare tra il lavoro di pennino nei vestiti dei personaggi e la fluidità
notevole dei corpi degli stessi, disegnati a matita.
In conclusione possiamo affermare che il disegno del nostro nell'anno di Johnny Comet andò evolvendosi continuamente, passando da una marcata definizione degli sfondi nei primi mesi, ad una più essenziale e spartana delineazione dei personaggi in seguito, fino ad approdare, verso la fine della strip , ad una padronanza e sicurezza di sé, segni tipici di uno stile che sarebbe stato conosciuto, negli anni a venire, come quello unico, tipico e inconfondibile di Frank Frazetta.

Fabrizio Frosali